Avv. Angela Auriemma

Premessa

Il caso riguarda una coppia non sposata che ha vissuto dapprima in Inghilterra poi in Polonia, luogo in cui è nato il loro unico figlio di anni tre,  successivamente si è trasferita in Italia dove ha vissuto per sei mesi. Durante la permanenza in Italia, la coppia ha affrontato diverse problematiche, tra cui:

– l’uso di sostanze stupefacenti da parte del padre del bambino;

– litigi continui con la famiglia paterna che viveva insieme alla coppia e non accettava la presenza della madre di nazionalità diversa da quella italiana;

– assenza di sostegno economico in favore della madre del bambino, che non aveva mezzi sufficienti per poter provvedere ai propri bisogni.

Questi predetti, unitamente ad altri trascorsi, hanno portato la ragazza a raggiungere la famiglia di origine in Polonia.

Il padre dopo aver attivato, tramite il proprio legale, la Convenzione dell’Aja per riottenere la custodia di suo figlio, ha proposto ricorso presso il Tribunale di Nola chiedendo il riconoscimento dell’affidamento esclusivo del minore.

La madre si è costituita eccependo preliminarmente l’incompetenza del Tribunale adíto in favore di quello Polacco – eccezione poi accolta dal Tribunale.

Disamina in diritto

La difesa della madre costituendosi nel giudizio promosso dal padre, per ottenere l’affidamento esclusivo del minore e dare attuazione all’ordine di esecuzione della Convezione dell’Aja, ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana adìta, fondando l’eccezione sul principio enunciato dall’art. 8, paragrafo 1, del Regolamento CE n. 2201/2003 in base al quale «le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi».

Il concetto di RESIDENZA ABITUALE del minore

Alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare, ai sensi della sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (C-497/10 PPU, EU: C: 2010: 829), la residenza abituale del minore corrisponde al luogo presso cui quest’ultimo risulta stabilmente integrato e presso il quale si trova il suo ambiente sociale e familiare.

Invero il processo si instaura nel luogo di residenza abituale del minore, senza che assumano rilievo la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei.

Residenza abituale quale: “stabile e duraturo centro di affetti ed interessi del minore”

Più nel dettaglio, la Corte, dopo aver enunciato il principio per cui la «residenza abituale è il luogo in cui il minore ha consolidato, consolida, ovvero potrà consolidare una rete di affetti e relazioni, tali da assicurargli un armonico sviluppo psico-fisico», evidenzia come a tal fine non possa farsi riferimento ad un dato «meramente quantitativo quale la prossimità del trasferimento o la durata del soggiorno», ma sia comunque «necessaria una prognosi sulla possibilità che la nuova dimora diventi l’effettivo, stabile e duraturo centro di affetti ed interessi del minore».

La nozione di residenza abituale sta ad indicare il luogo ove il minore trova e riconosce, anche grazie ad una permanenza stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione (..) ai fini del relativo accertamento rilevano una serie di circostanze (..) la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenza del 10 febbrario 2017, n. 3555

Individuazione del Giudice competente

La costante giurisprudenza di legittimità, a Sezioni Unite, ha da tempo affermato come – in adesione ai principi convenzionali ed internazionali- in materia di affido, la giurisdizione è fondata sul criterio della residenza abituale del minore a far data dal momento della presentanzione della domanda, circostanza che il Giudice valuterà sulla base dei dati emergenti agli atti processuali (Cfr. Cass. Sez. Un. 13.12.2018, n. 32359; Cass. Sez. Un. 30.03.2018, n. 8042).

Di più  la Corte di Cassazione ha affermato che la residenza è determinata dall’ abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per l’elemento oggettivo della permanenza e per l’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Specifica inoltre che, non è necessario che la permanenza in un determinato posto si sia protratta per un tempo abbastanza lungo, ma è sufficiente accertare che la persona abbia fissato in quel posto la propria dimora con l’intenzione, desumibile da ogni elemento di prova anche con giudizio postumo, di stabilirvisi in modo non temporaneo (V.  Cass. Civ., sez. VI, 28/05/2018 n. 13241, Cass. Civ. 6/7/1983 n. 4525).

I criteri cui attenersi per stabilire il contenuto del concetto di residenza abituale del minore ora indicati sono gli stessi enunciati anche dalla Corte di giustizia UE. Pertanto quello della residenza abituale è criterio generale, che nasce dalla necessità «di tutelare la continuità affettivo-relazionale del minore nell’ottica della valorizzazione del suo preminente interesse» (cfr. Cass. Civ., SS.UU. 5 giugno 2017).

Statuizione del Tribunale di Nola

Sulla base di quanto fin qui riportato, alla luce delle considerazioni della Suprema Corte, ritenuto che il centro di prossimità degli interessi del minore al momento in cui è stata proposta la domanda fosse in Italia e non in Polonia, il Tribunale adìto ha ritenuto di dover dichiarare  il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria polacca.

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