Premessa
La legge 184/1983 ha introdotto l’istituto dell’adozione in casi particolari, il cui scopo è quello di garantire il diritto del minore a essere cresciuto ed allevato nella propria famiglia d’origine.
Nello specifico la legge citata tutela il diritto del minore alla famiglia in tutte quelle situazioni che non consentono di giungere ad un’adozione piena ma nelle quali, tuttavia, l’adozione rappresenta una soluzione opportuna e possibile.
Il prevalente diritto del minore corrisponde all’esigenza dello stesso di essere cresciuto e allevato dalla famiglia d’origine, che, nel caso sia impossibilitata, dovrà ricevere il sostegno necessario per far fronte alla situazione di difficoltà. Qualora la famiglia in cui il minore è stato concepito e nato invece, non sia assolutamente in grado di garantire il predetto diritto, costituzionalmente garantito, il minore verrà considerato “in stato di abbandono” e dunque adottabile.
L’istituto in esame differisce sostanzialmente dall’adozione cd. legittimante, in quanto non dà vita alla costituzione di un rapporto di filiazione che si sostituisce a quello che il minore aveva con i genitori “di sangue”, bensì instaura un rapporto di filiazione adottiva che si aggiunge al precedente.
Collegandoci a quanto ut supra considerato, l’adozione legittimante interrompe i rapporti tra il minore e la famiglia biologica, in base a tale fine, il legislatore ha fissato dei limiti specifici in ragione dei quali può essere disposta solamente dopo che vi sia stata una verifica sul completo stato di abbandono del minore.
In conclusione: l’istituto dell’adozione in casi particolari è stata introdotta al fine di realizzare il diritto del minore ad una famiglia anche nei casi in cui non può procedersi ad un’adozione legittimante (o cd. piena), per mancanza dei requisiti, ma comunque sia necessario procedere all’adozione.
Presupposti per l’adozione in casi particolari
L’art. 44, si sostanzia in una sorta di “clausola residuale” per tutti i casi in cui non può applicarsi la disciplina dell’adozione “legittimante”.
L’adozione particolare è ammessa nelle ipotesi tassativamente indicare dall’art. 44 della L. ossia:
- quando il minore sia orfano e l’adottante è parente entro il sesto grado o un estraneo che ha stabilito con il minore un rapporto stabile e duraturo, precedente alla morte dei genitori;
- quando l’adottante sia coniuge del genitore, anche adottivo, del minore;
- quando il minore abbia gravi handicap e sia orfano di entrambi i genitori;
- quando ricorre l’impossibilità di affidamento preadottivo.
Di non poco conto, è la valutazione circa l’attitudine dell’adottante ad essere idoneo moralmente e materialmente all’assistenza del minore. Il Giudice nel corso del procedimento camerale instauratosi a seguito della domanda dell’adottante, sarà tenuto alla verifica dell’esistenza di tali presupposti, nonché delle condizioni di legge e dell’effettiva possibilità di una positiva convivenza fra adottante ed adottato.
Dunque necessario è verificare che l’adozione realizzi il “preminente interesse del minore”.
Questo concetto viene spesso ricondotto dalla giurisprudenza a quello di “utilità”, così come sancito dalla sentenza del Tribunale per i Minorenni di Milano n. 626/074 come la “preminente somma di vantaggi di ogni genere e specie ed il minor numero di inconvenienti”.
Con l’adozione particolare l’adottante assume gli obblighi di assistenza, mantenimento e istruzione nei confronti dell’adottato, assume la titolarità e l’esercizio della responsabilità genitoriale su questi.
Nota a Cass. 10989/2022
La Corte di Cassazione con l’esaminanda pronuncia ha dichiarato la decisione resa dalla Corte d’Appello di Bologna in concreto contrasto con l’art. 44 della L.184/1983 nonché con alcuni principi costituzionali, in totale conflitto con il preminente interesse del minore.
Nel caso trattato, la Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale di Bologna, rigettando la richiesta dell’istante di “adozione in casi particolari” della figlia della moglie, asserendo che, non essendovi in concreto lo stato di abbandono della minore da parte del padre biologico, mancavano i presupposti per l’applicazione dell’istituto.
La Corte d’Appello, decidendo, escludeva in toto i presupposti ex art. 44 comma 1 lett. B), motivando sull’assunto che, non sussistendo lo stato di abbandono della minore, la stessa coesistenza dei rapporti tra quest’ultima, il padre e il ricorrente (nuovo marito della madre), non corrispondesse al concreto interesse della minore.
Tale pronuncia risulta in contrasto con quanto disposto dalla norma su citata, e invero, il “tallone d’Achille” della motivazione della Corte territoriale si rinviene nella parte in cui ha ritenuto che l’adozione in questione non corrispondesse all’interesse della minore, non sussistendo lo stato di abbandono da parte del padre biologico; la predetta fallacia emerge ancora di più in quanto in contrasto oltre che con l’art 44, anche con l’art. 35 Cost., art. 316 Cost. comma 2, nonché in violazione dell’art. 1177 Cost. comma 1 in relazione all’art. 88 CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
A contrario, la Corte di Cassazione ha statuito, sulla base dei principi fin qui enunciati, che il minore non abbandonato, ma i cui genitori biologici versino in condizioni che impediscano in maniera permanente l’effettivo e pieno esercizio della responsabilità genitoriale cd. “semi –abbandono permanente”, può sfuggire al ricovero in istituto o ad affidamenti temporanei, attraverso l’adozione in casi particolari.
In conclusione, l’adozione da parte del ricorrente, della figlia della moglie, realizza completamente il preminente interesse della minore, anche attraverso la creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, e dunque, sulla base della coesistenza dei legami sia con la famiglia di quest’ultimo sia con quelli della famiglia del padre biologico.
La Corte ha precisato che “ l’idea per cui si possa avere una sola famiglia appare smentita proprio dalla riforma della filiazione e da come il principio di eguaglianza si è riverberato sullo status filiationis; il figlio nato more uxorio ha, infatti, due distinte famiglie che giuridicamente non sono tra loro comunicanti; l’identità del bambino dunque è caratterizzata da questa doppia appartenenza e disconoscere i legami che scaturiscono dal vincolo adottivo, equivale a disconoscere tale identità, dunque, non sarebbe conforme ai principi costituzionali”.
Nel caso di cui si discute, il padre biologico era impossibilitato a far fronte al mantenimento della figlia, ed era concorde riguardo l’adozione della figlia da parte del nuovo marito della ex moglie; tale circostanza è una netta manifestazione d’intenti apprezzabile nel senso positivo circa la tutela del prevalente interesse della minore, in quanto l’adozione particolare le garantirebbe un contesto familiare più adeguato per favorire lo sviluppo della sua personalità, in totale adeguamento ai principi costituzionali.