Le clausole ABI – Associazione Bancaria Italiana – costituiscono oggi condizioni generali di contratto nelle fideiussioni bancarie.
Esse si distinguono in clausole di reviviscenza, di sopravvivenza e di deroga.
Le prime sono quelle che obbligano il debitore a restituire le somme incassate dalla banca per obbligazioni garantite poi annullate, revocate o divenute inefficaci.
Le seconde implicano invece la permanenza del contratto di fideiussione anche laddove le obbligazioni da esso garantite siano divenute invalide.
Le ultime infine fanno si che il debitore rinunci al termine di decadenza di cui all’ art. 1957 c.c.
Orbene, le tre predette clausole sarebbero il risultato di una intesa restrittiva della concorrenza come tale colpita da nullità ai sensi dell’art. 2 della Legge AntiTrust in quanto l’ABI con il suo intervento avrebbe materialmente impedito ad altre Banche di proporre ai loro clienti contratti di fidejussione a condizioni più vantaggiose.
La norma citata, però, mentre stabilisce la sanzione della nullità per l’intesa anticoncorrenziale, nulla dice in ordine alla sorte dei cosiddetti contratti a valle, ossia di quei contratti successivamente stipulati tra un soggetto privato ed una delle imprese “colluse” – rappresentanti proprio il logico sbocco “a valle” dell’intesa anticoncorrenziale conclusa “a monte”.
Si pensi ad esempio ad un contratto concluso tra un cittadino ed una Compagnia di Assicurazione per la RCA, laddove il costo del premio assicurativo, irragionevolmente alto, sia frutto di un intesa anticoncorrenziale stipulata tra le maggiori Compagnie Assicurative italiane finalizzata proprio ad evitare un abbassamento dei costi dei premi assicurativi.
Qual sarebbe la sorte di detto contratto assicurativo? E qual è dunque in linea generale la sorte di tutti i contratti stipulati a valle di intese anticoncorrenziali?
Si pensi in particolari a tutte le fidejussioni bancarie contenenti le sopramenzionate clausole predisposte dall’ABI. Devono essere considerate (le clausole) nulle? E in caso di risposta affermativa, detta nullità, ai sensi dell’ art. 1419 c.c. deve comportare o meno la nullità dell’intero contratto di fidejussione?
La questione è stata recentemente rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza n.ro 11486 del 2021 .
Secondo un primo orientamento, il contratto a valle sarebbe radicalmente nullo ai sensi dell’art. 2 della legge Anti Trust, atteso che la nullità che colpisce l’intesa restrittiva della concorrenza non può non travolgere a cascata anche il contratto stipulato in virtù di essa.
Per diversa tesi invece, che a parere di chi scrive parrebbe quella più in linea con il citato art. 2, il contratto a valle di un intesa anticoncorrenziale deve essere considerato valido, e la sua stipulazione darebbe vita solamente ad una responsabilità risarcitoria da parte dell’impresa “collusa”, in quanto la sua condotta ha provocato al soggetto privato un vero e proprio danno per effetto di una contrattazione che non ammette alcuna alternativa.
In altri termini, verrebbe violato il diritto di autodeterminazione contrattuale del consumatore volto ad una scelta effettiva tra prodotti offerti in regime concorrenziale.
L’argomento assume un’indubbia rilevanza pratica e pertanto si auspica un intervento assolutamente chiarificatore sul punto.