Avv. Valerio Bottiglieri

Sommario: 1. Massima – 2. Il caso – 3. La decisione.

1. Massima

Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli ascendenti in ordine di prossimità sono chiamati a rispondere, in via sussidiaria, degli obblighi di mantenimento dei nipoti minorenni, ai sensi dell’art. 316-bis c.c.

2. Il caso.

Tizia otteneva, in sede di separazione, l’affidamento “super esclusivo”, ex art. 337-quater, co. 3 c.c. della minore Caietta.
Il Tribunale, inoltre, poneva a carico del marito Caio l’obbligo di pagare, a titolo di mantenimento per la figlia, l’importo di € 350,00 mensili.
Il suddetto obbligo, tuttavia, era rimasto inadempiuto per anni da Caio che, rendendosi di fatto irreperibile, veniva condannato, per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ai sensi dell’art. 570 c.p. .
Tizia, quindi, versando in condizioni economiche precarie, per ottenere il pagamento del contributo al mantenimento dovuto da Caio, proponeva ricorso nei confronti degli ascendenti paterni ai sensi dell’art. 316-bis c.c. .
Il Tribunale di Milano accoglieva le richieste di Tizia emettendo decreto a carico dei nonni per la somma di € 200,00 mensili in favore della minore Caietta.
Avverso il citato provvedimento insorgevano i nonni paterni con opposizione che, tuttavia, veniva rigettata.
Gli stessi, pertanto, proponevano appello innanzi alla Corte d’appello di Milano la quale respingeva il gravame osservando che poiché l’obbligo di mantenimento del padre sussiste a prescindere dalla capacità della madre di produrre reddito, i nonni, di conseguenza, sono chiamati in surroga per le sue obbligazioni nei confronti della minore.
I nonni paterni impugnavano anche la mentovata pronuncia con ricorso per Cassazione invocando che l’obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente e integralmente ai genitori mentre l’obbligo degli ascendenti, riconosciuto dall’art. 316-bis c.c., avendo natura subordinata e sussidiaria, non può essere invocato per il sol fatto che uno dei genitori (in questo caso il padre) non contribuisca al mantenimento dei figli.
Ciò a maggior ragione se non vi è prova che la madre abbia già esperito nei confronti del genitore inadempiente tutti i rimedi che la legge consente, tra i quali, il pignoramento dei beni e dei conti bancari.

3. La decisione.
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 16 maggio 2023, n. 13345, si sofferma innanzitutto sulla disciplina dell’art. 316-bis c.c. che, riproducendo il testo del previgente art. 148 c.c., dispone che “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Orbene i Giudici di legittimità, censurando la motivazione della sentenza d’appello, precisano che tale norma non riconosce una surrogazione del terzo (in questo caso i nonni) negli obblighi del debitore (il padre), quanto piuttosto un’ipotesi di responsabilità sussidiaria che, come noto, si manifesta qualora le esigenze complessive del minore non vengano soddisfatte per intero da parte dei soggetti obbligati principali (i genitori).
Ciò posto, secondo la Corte, è condivisibile il ragionamento dei ricorrenti secondo cui l’obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente e integralmente ai loro genitori.
Da qui se uno dei due genitori non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando la propria capacità di lavoro, potendo convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui.
Altrettanto corretto è l’assunto secondo cui l’obbligo degli ascendenti (per entrambi i genitori) – di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione è subordinata e sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori, ma anche che non ci si può rivolgere agli ascendenti solo perché uno dei genitori non garantisca il proprio contributo al mantenimento.
Ciò avviene, tuttavia, solo se l’altro genitore risulta in grado di mantenerli (cfr. Cass. civ. n. 10419/2018).
Fermo quanto appena esposto, per risolvere la controversia in oggetto, i Giudici di legittimità procedono ad analizzare la condotta e la condizione economica delle singole parti.
Va innanzitutto dato che atto che – contrariamente a quanto strumentalmente invocato dai ricorrenti – la madre non era riuscita a riscuotere il contributo posto a carico del padre in ragione di reiterati comportamenti elusivi di quest’ultimo.
Tra questi la Corte individua i continui cambi di residenza e del luogo di lavoro che, come noto, sono i presupposti necessari per poter esperire le azioni a tutela di un credito.
A ciò va aggiunto che, in corso di giudizio, era stato sufficientemente provato che Tizia non avesse mezzi sufficienti a provvedere al mantenimento della minore e che la stessa non fosse nella condizione di poter incrementare la propria condizione reddituale dovendosi occupare direttamente e da sola della figlia.
La Cassazione pone, altresì, in risalto il comportamento non solo elusivo, ma anche doloso del padre come confermato dalla sentenza di condanna resa in sede penale.
Caio, infatti, aveva violato non solo ai doveri di mantenimento, ma anche a quelli di cura, educazione ed istruzione che conseguentemente gravano ormai per intero sulla madre.
Da ultimo, ma non meno importante, si sofferma sulla condizione economica dei nonni che, in quanto proprietari di diversi immobili ed essendo percettori di reddito da pensione, possono provvedere alla cura della minore in via sussidiaria secondo quanto disposto dall’art. 316-bis c.c.
Su queste basi la Cassazione rileva dunque che la sentenza d’appello, pur essendo censurabile sotto il profilo della motivazione, è conforme a diritto sul piano del dispositivo.
Per questi motivi la stessa non deve essere cassata, ma solo corretta nella motivazione ai sensi dell’art. 384, ult. co. c.p.c. .
Il ricorso viene quindi rigettato con compensazione delle spese.

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