Dott. Lia Chiarenza

Con sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019 le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno affrontato l’annosa questione relativa all’inquadramento dogmatico della nullità del contratto di compravendita di immobile abusivo ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 380/2001, T.U. Edilizia.

Il Supremo Consesso ha colto l’occasione per chiarire in quale dei tre commi dell’art. 1418 c.c. debba ricondursi l’ipotesi di specie e quale sia la natura del vizio, se formale o sostanziale, avendo quest’ultimo profilo importanti implicazioni pratiche.

L’art. 46 T.U. Edilizia prevede la sanzione della nullità del contratto di compravendita di immobile abusivo qualora da esso “non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria” .

La lettera della norma citata suggerisce che la sanzione della nullità sia prevista nella sola ipotesi in cui l’atto di trasferimento non sia accompagnato dagli estremi del permesso a costruire. Trattandosi di nullità espressamente prevista dalla legge, essa è facilmente riconducibile nell’alveo del terzo comma dell’art. 1418 c.c.

Infatti, qualora il legislatore non avesse contemplato la specifica ipotesi di cui all’art. 46, l’allegazione del permesso a costruire sarebbe potuta rientrare tra gli obblighi del venditore, stante l’obbligo a carico di questo di consegnare la cosa e “i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”. Diversamente, la mancata allegazione avrebbe comportato l’inadempimento all’obbligo di cui sopra non inficiando sulla validità del contratto.

Quanto alla questione relativa alla natura del vizio di nullità, ci si è chiesti se la nullità del contratto di compravendita debba rilevare solo nelle ipotesi di mancata allegazione o anche quando il permesso di costruire sia stato allegato e l’immobile risulti comunque non conforme allo stesso.

Sul punto si sono confrontate due teorie, una formale, l’altra sostanziale.

Secondo la prima, avallata dalla pronuncia delle S.U., il requisito di validità di cui all’art. 46 è strettamente connesso alla sola allegazione degli estremi del permesso di costruire o in sanatoria, sicché quand’anche l’immobile risulti ugualmente abusivo ma il relativo permesso di costruire sia stato allegato, il contratto è valido. A scrutinio della suddetta impostazione possono addursi le seguenti argomentazioni. In primo luogo, l’interpretazione letterale semantica dell’art. 46, nella misura in cui nulla dice in ordine alla abusività o meno dell’immobile; ragioni di ordine sistematico, atteso che qualora siano effettuati interventi di ristrutturazione edilizia in assenza o in totale difformità di esso, in parziale difformità o in base a permesso annullato, è prevista la sola demolizione dell’immobile, nulla disponendosi riguardo la sorte del contratto se non nella norma oggetto di esegesi. Di conseguenza, gli strumenti di tutela a disposizione del compratore di immobile abusivo, essendo valido il contratto, poiché il venditore ha allegato il permesso di costruire, sono la risoluzione per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. e conseguente ripetizione di quanto pagato, poiché consegnare un immobile non in regola con gli strumenti urbanistici e la normativa edilizia integra un inadempimento di non scarsa importanza; l’azione “quanti minoris” prevista dall’art. 1492 c.c. qualora la difformità edilizia dell’immobile rientri nel novero dei vizi della cosa e il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, nel caso in cui il venditore in mala fede abbia taciuto la reale situazione dell’immobile.

La Corte di Cassazione ha quindi escluso la configurabilità della seconda tesi ossia quella avente ad oggetto la natura sostanziale del vizio in esame, che condurrebbe alla nullità del contratto qualora l’immobile fosse effettivamente abusivo a prescindere dalla allegazione del permesso, perché, pur esaltando la finalità della disciplina del T.U. volta a scongiurare il fenomeno dell’abusivismo edilizio, tradirebbe la lettera dell’art. 46 conducendo ad applicazioni analogiche.

In conclusione, deve avversarsi che tale pronunciamento della Suprema Corte benché estremamente rispettosa del dato letterale della norma non risulta del tutto in linea con la ratio della disciplina di cui al T.U. Edilizia, stante la possibilità di stipulare contratti di compravendita di immobile abusivo perfettamente validi mercé l’allegazione del permesso di costruire e di consentirne, seppur in detta ipotesi, la commerciabilità.

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